Comunicazioni dalle regioni

Piemonte: lettera al prefetto

6 novembre 2015
A S.E. il Prefetto di Torino

E’ necessario premettere che i Piccoli Comuni rifiutano l’accusa di essere campanilisti. Al
contrario, noi Sindaci siamo ben consapevoli dell’ esigenza di collaborare, di operare insieme e lo
testimonia la sottoscrizione di convenzioni di servizi. Decisioni, queste, basate sulla convinzione di
garantire servizi efficaci alla cittadinanza e non per pura obbedienza ad imposizioni. Il processo di
associazionismo delle funzioni è molto delicato, perchè in primis gli Amministratori devono
garantire i servizi alla cittadinanza, e processi sommari di aggregazione, come quelli richiesti dalla
normativa vigente, potrebbero portare a disservizi molto gravi. Infatti la materia legata alle
Funzioni dei comuni è complessa e variegata e le criticità emerse e possono essere così suddivise:
organizzativo, politico e normativo.
L’aspetto geografico è di particolare importanza e complessità in una Regione come il Piemonte
dove i Comuni sono prevalentemente di piccole dimensioni. Il limite di 5000 abitanti in pianura e
di 3000 abitanti in montagna è irragionevole per la complessa e diversificata morfologia del
territorio. Il raggiungimento della quota richiesta obbliga ad equilibrismi e forzature non
rispondenti ai principi dell’azione amministrativa, così come dispone la nostra Costituzione.
Sul piano organizzativo i processi da attivare richiedono, oltre che notevoli energie da parte di
tutti i soggetti coinvolti, anche risorse importanti. Risorse che in questo momento, visto il periodo
economico e visti i limiti derivanti dal Patto di Stabilità, non ci sono e diventa pertanto impossibile
fare con credibilità processi di riorganizzazione di uffici, di Hardware e di Software oltre che di
personale. Infatti grandi sono le difficoltà che si riscontrano nella gestione del personale coinvolto,
personale che molto spesso ha acquisito competenze notevoli, che potrebbero essere penalizzate
dall’unione forzosa della Funzione in cui si trovano ad operare. Basti pensare alle reazioni dei
dipendenti dei piccoli comuni, dubbiosi sulla possibilità di conservare le indennità acquisite nel
comune di appartenenzae quindi alle ripercussioni oltre che sul rendimento lavorativo anche
sull’intera comunità.
Lasciamo per ultimo il riferimento alla prima funzione che è il cuore del Comune. Si tratta di una
funzione che comprende una miriade di servizi comunali (ad es., personale, ufficio tecnico, bilanci,
tributi, ecc. ). Conferire la prima funzione sia in Unione che in Convenzione significa chiudere i
nostri Comuni. Senza considerare il problema del Responsabile del Servizio che dovrebbe
accorpare su di sè responsabilità che richiedono professionalità e competenze diversissime fra di
loro. Impossibile!
Dal punto di vista politico è stato appurata la tendenza ad associarsi più per affinità politica e non
territoriale. Inoltre è forte il timore, soprattutto da parte degli enti di minor dimensione, di subire
un sostanziale svuotamento della funzione identitaria delle proprie realtà territoriali. I comuni
hanno spesso secoli di storia, secoli di “comune sentire” da parte della cittadinanza, secoli in cui le
realtà si sono sviluppate ed hanno acquisito una propria identità ben precisa. La gestione associata
delle Funzioni ridurrebbe notevolmente l’autonomia di ogni singolo ente locale con conseguente
desertificazione della propria realtà territoriale.
Infine, la stessa normativa che disciplina la materia è poco chiara, per quanto concerne, in
particolare, l’esatta perimetrazione delle funzioni da associare. Infatti quanto proposto dalla
normativa parrebbe scritto da chi poco conosce la realtà degli enti locali, e - come già sopra
segnalato - la funzione n° 1 raccoglie in sè la maggior parte delle competenze degli Enti locali ed è
quella che crea maggiori difficoltà ad essere gestita in forma associata.
L’analisi fin qui effettuata induce tutti a richiedere un radicale ripensamento su tutta la
legislazione in materia.
Gli amministratori comunali, consapevoli delle loro responsabilità, chiedono:
• una sospensione della scadenza del termine fissato al 31 dicembre 2015;
• processi associativi volontari che, realmente, razionalizzino e migliorino l’erogazione dei
servizi ai cittadini in termini di economicità, efficienza ed efficacia;
• il superamento del patto di stabilità, permettendo così di sbloccare gli avanzi di bilancio e
consentire ai comuni di programmare gli investimenti, contribuendo alla ripresa economica
del Paese;
• rivedere l’emendamento che ha prorogato il termine entro il quale tutti gli Enti dovranno,
indistintamente, avvalersi della Centrale Unica di Committenza per gli acquisti di beni e servizi
e per gli appalti dei lavori, prevedendo però una deroga per importi al di sotto dei 40.000,00
solo per i Comuni con più di 10.000 abitanti. Questa norma, se non cambiata, bloccherà di
fatto la manutenzione ordinaria oltre ad un appesantimento burocratico.
In questo complesso quadro per noi amministratori locali una cosa è certa: mai è poi mai
metteremo la firma sulla cancellazione della nostra municipalità. Se si vuole arrivare a questo,
che sia chi lo desidera ad assumersi la responsabilità di sottoscriverla.

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